Intervista: Robox Lab

Fra i molti protagonisti di questa quarta edizione del Ratatà, che si terrà a partire dal 20 aprile fino al 23 aprile, troviamo anche questo collettivo: Robox Lab. Da abili ficcanaso abbiamo deciso di rivolgere loro qualche domanda in modo da farveli conoscere meglio. Enjoy!

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Abbiamo parlato con Gian Marco Balleroni che, presentandosi, ci ha portato con lui nel mondo del Robox Lab, raccontandoci  della nascita e dello sviluppo di questo laboratorio:

Mio nonno mi ha insegnato a giocare con il legno sin da quando ero piccolo. 
Lazzaro è una persona importantissima nella mia vita. 
Dopo la sua morte sentii il bisogno di fare qualcosa con lui,
in quel periodo mio fratello lavorava in una ditta dove facevano bancali e portava a casa
tanta legna di scarto con cui accendevamo il camino. 
Cosi presi un asse la più bella che aveva portato, e pensai a cosa potessi farci.
In garage abbiamo chiodi martello e una sega, la cosa più semplice è un robot! Ho sempre desirato un robot! 
Basta che taglio quadrati e rettangoli. Cosi mi misi al pc studiai le proporzioni e creai il robot su illustrator.
Poi riga e matita a tracciare sull’asse e son corso in garage a tagliare tutto. 
Una volta che avevo testa, corpo, mani, braccia, piedi e gambe presi i chiodi e assemblai il primo Robox 
(quello che ora è il Capo, il prototipo 00).
Quando lo guardai ero meravigliato, era bellissimo, e dissi grande Lazzaro abbiam costruito proprio un bel gioco!
Lo dipinsi tutto di azzurro perchè mi aveva dato serenità e perchè mio nonno lo chiamavan Celestein.
Robox Lab nasce un giorno all’improvviso.
Incontrai Francesco, gli feci vedere il gioco, e gli spiegai che sarebbe stato bello fare laboratori in cui i bambini 
potessero giocare costruendo il proprio Robox, l’ho pensato come se fosse un foglio bianco su cui tutti possono 
inventare il proprio personaggio,una storia, un nome, un carattere, il gioco dei lori sogni che non avevan mai trovato nello
scaffale di alcun negozio. 
Lui mi disse ma Giammi cosi con i chiodi e il martello i bambini si fanno male,e io gli dissi che mio nonno mi diceva sempre:
Se ti dai una botta la prossima volta stai attento; vallo a spiegare alle mamme Giammi, mia Zia ha i ciondoli possiamo usare quelli! 
Vediamoci un giorno da me.
In quel periodo stavo lavorando come grafico per lo Zoe Microfestival, un festival che si svolge a Pesaro i primi di Luglio e non 
avevo tanto tempo, però eravamo rimasti d’accordo che una volta terminati il lavori per lo Zoe sarei andato nel suo garage. 
Il manifesto di quella edizione era bianco con solo le date e il nome del festival. 
Una settimana prima dell’inizio andai da lui, ne costruimmo uno con i macchinari che aveva, macchinari che una volta usava suo nonno, 
c’era tutto quello che potesse servire per realizzare i Robox e lo stesso giorno ne facemmo uno, era dritto, spigoloso, bello come son fatte le cose belle. 
Ci mettemmo sin da subito a costruirli per portarli allo Zoe. 
Ne facemmo 100, mettemmo le varie parti per assemblarlo in tante cassette per la frutta una per la testa, il corpo, le mani, le braccia, i piedi e le gambe
e i ciondoli in dei vasi di vetro che usava la mamma di Francesco per la marmellata. 
I preparativi finirono il giorno prima, mancavano i cartelli dove i partecipanti avrebbero scritto il loro nome e quello del loro personaggio 
e non poteva mancare il logo R O B O X L A B e il R O B O X illustrato da mettere su fronte e retro.
Fu subito Robox Lab! Eravamo carichissimi!
Il primo giorno 50 Robox avevan preso vita, e dato che ne avevamo solo 100 e il festival durava 4 giorni 
decidemmo di chiudere il laboratorio prima per evitare che finissero subito. Entusiasti del risultato ne facemmo altri 100
a partire dalla sera stessa, il mattino dopo fino il primo pomeriggio, tutti dovevan poter portare a casa un Robox!
Alla fine del festival 200 Robox avevano trovato casa, c’erano supereroi, mostri, eroi, personaggi inventati, erano bellissimi.
Pieni di gioia chiamammo un altro festival i cui manifesti erano presenti all’interno dello Zoe, 
l’idea piacque e cosi a distanza di neanche una settimana andammo con il Robox Lab!
Anche qui 200 Robox trovarono casa, il caso volle che un signore si interessò e ci diede il contatto di un altro festival 
che si svolgeva qualche settimana dopo in Umbria e noi ci andammo!. 
Pure li il laboratorio piacque e cosi nel viaggio di ritorno io e Fra ci guardammo e ci dicemmo:
Perchè dobbiam tornare  a casa? Non ci sono altri festival? 
Perchè non portiamo il Robox Lab in giro per il mondo!.
Che da li la nostra testa non si sarebbe più slegata dal progetto era evidente e cosi fu.
Il Robox Lab è una vita.”

 

Qual’è il vostro obiettivo?

Lo scopo è quello di creare giocattoli autentici, che abbiano vita, 
ovvero creare fogli bianchi, pinocchietti ai quali ognuno possa dare vita con le proprie mani.

A questo punto iniziamo a parlare del Robox e dei materiali che utilizzano:

Robox è libertà nasce dall’idea di non avere scarti, no packaging, nessuna strettura 
dunque di un gioco che ha la forma di un quadrato, una scatola che contiene il gioco
ma che scatola non è, oppure si, o insieme fa il Robox.
Il Robot è stato scelto perchè si avvicina all’uomo, può essere tutto con le sue forme semplici, 
è un foglio bianco a cui dare un nome, un colore, un carattere, e poi fa compagnia anche se è silenzioso.
Per crearli utilizziamo legno di vario tipo, abete, noce, pino, ciliegio. . . inoltre da qualche tempo abbiamo iniziato
a piantare fiori e semi ogni tot Robox fatto, lo stesso packaging è semplicemente legato con dello spago.

Molte persone e bambini hanno realizzato delle opere introducendosi nel vostro mondo.
Come hanno vissuto questa esperienza?

Molti tornano bambini, si divertono, osservano con gli occhi lucidi, si sporcano, domandano, gli stessi adulti da guardar il figlio costruire il 
Robox iniziavano a farne uno proprio, questo ci fa tanto piacere! 
In quel tavolino pieno di colori ciondoli e fantasia trovano il modo per raccontarsi, creare, divertirsi insieme. 
Chi si porta a casa il gioco va a casa con il sorriso di aver creato, di portarsi a casa un amico, c’è chi dice grazie, chi lo metterà 
vicino lui nel suo comodino, nella sua camera, in ufficio, nella sua cucina, vicino alla lampada per spaventare i ladri. 
Chiunque vive questa esperienza torna a casa con il sorriso, è sbalordito e noi siam felici.

 

Vi concentrate anche in altri ambiti, oltre il laboratorio?

Oltre ai laboratori facciamo anche oggetti per locali, proponiamo prototipi innovativi e se piacciono li produciamo, 
curiamo la stessa grafica del Robox Lab e nel tempo abbiam pensato fin dove potremmo spingerci, e credo non ci sia alcun limite.
Abbiamo ben chiaro dove vogliamo arrivare e cosa vogliamo fare.
Ci sono video di presentazione e di lancio, nel futuro ci immergeremo in altri campi!
Quindi seguiteci, entrate nel Robox Club!

 

Quali sono le città, le mete in cui vi piacerebbe portare il Robox Lab?

Non ci son città in particolare, ci piacerebbe andare in tutto il mondo, viaggiare farci conoscere e conoscere.
A sparare diciamo Africa, Sud Africa magari.

 

Al termine dell’intervista, chiediamo a Gian Marco quali sono state le loro precedenti esperienze con il Ratatà Festival:

E’ stato epico,siamo arrivati e subito a noi si presenta un campo da calcio, c’era una palla, dai Fra vai in porta, tiro, rompo le scarpe,
Man non cosi!, si va dall’artigiano scotch americano e via che si sistema tutto. Non sapevamo nemmeno chi ci avrebbe ospitato e a mezzanotte avevamo 
le chiavi in mano della ragazza che ci avrebbe ospitato. Aveva un letto comodissimo e sia lei che i suoi compagni sono stati supeor ospitali.
La mattina abbiam sbattuto la uova con un cucchiaio e abbiamo fatto lo zabaione.
Abbiamo fatto amicizia sin da subito con organizzatori, i ragazzi che facevano il banchetto e
una volta arrivati e sistemato il banchetto e il laboratorio sembrava di essere ad un bel concerto rock n’ roll. 
E cosi è stato fino alla fine, bella gente, bravi gli organizzatori, anzi super son davvero forti e pieni di entusiasmo.
Sembrava di conoscersi gia, è come stare a casa o in compagnia di amici.
Al Ratatà piovono idee come i raggi del sole.