Intervista: Salvatore Liberti

Fra i molti protagonisti di questa quarta edizione del Ratatà, che si terrà a partire dal 20 aprile fino al 23 aprile, troviamo anche lui: Salvatore Liberti. Da abili ficcanaso abbiamo deciso di rivolgergli qualche domanda in modo da farlo conoscere anche a voi. Enjoy!

Ho iniziato a disegnare un giorno che non avevo niente di meglio da fare, ora è la migliore delle cose che ho da fare.

Abbiamo iniziato l’intervista con Salvatore Liberti, graphic designer e illustratore,  chiedendogli di raccontarci il momento nel quale si è reso conto quanto è importante l’arte per lui.

Ero uno studente di lettere, leggevo un sacco, studiavo poco.
Spesso mi capitava, e ancora accade, che scegliessi un libro dalla copertina, forse non è la scelta sempre più giusta.
Le storie iniziavano a starmi strette tra le pagine. Un giorno ho aperto illustrator e ho disegnato, una volta, un’altra e poi ancora. le immagini erano uscite fuori, avevo le mie copertine.

Presentaci il tuo mondo ed il tuo stile.

Pulito, surreale, scelgo pochi elementi sufficienti per raccontare un piccolo universo.

Quali sono state le esperienze che hai affrontato agli inizi, prima di immergerti nella grafica e nell’illustrazione?
E qual è stato il momento di svolta nel quale ti sei introdotto in essi?

Da bambino sentivo parlare i grandi della “fatica”, così si chiama il lavoro a Napoli, sapevo che prima o poi avrei dovuto faticare anche io.
Non ero più di tanto spaventato, avevo un buon esempio.
Negli anni dell’università ho fatto i lavori più disparati, dalle classiche cucine bisunte di piccoli ristorantini ai fuochi d’artificio, ho un brevetto da pirotecnico, passando per una libreria.
Poi la grafica, dopo aver girovagato per varie agenzie di comunicazione, Yeah!TheArtFactory, un piccolo spazio che univa 3 creativi e la passione per l’arte contemporanea.
La svolta è arrivata con Benedetta che tra vorticose piroette e sorrisi mi diceva che ero bravo.
Con il Grande Vento a Napoli, rassegna dedicata agli artisti, napoletani e non, negli spazi occupati dell’ex-Asilo Filangieri la mia prima mostra collettiva; in quella occasione ho capito che avrei voluto fare l’illustratore e non soltanto il progettista grafico.

Hai in mente alcuni ambiti ai quali vuoi unire tuoi lavori?

Al momento sono concentrato sul lavoro di ux per iGoOn, un’azienda giovane che ha sviluppato un’applicazione per smartphone per condividere i posti in auto nelle aree urbane.
Mi piace che la tecnologia possa servirsi della sensibilità e del fascino dell’illustrazione, assume un aspetto meno inquietante. Non escludo però che in futuro possa propormi a piccole case di moda, mi diverte da sempre disegnarmi le magliette, staremo a vedere. 

A questo punto gli chiediamo di parlarci delle sue passioni, dei suoi interessi.

Sono appassionato di mappe, pedalo molto, viaggio spesso in bicicletta e, affamato, alla prova dei fornelli me la cavo niente male. Sento un sacco di musica, alle volte, tra le tante ricerche anche roba inascoltabile.
Quando lascio la matita, calzo scarpini giapponesi giallo fluo, i più tamarri in commercio.
Mettetemi in un campo da rugby e avrete un inesorabile placcatore.
Concludiamo l’intervista parlando del Ratatà, quest’anno per lui sarà la sua prima esperienza.

Sono molto curioso, molti illustratori che ho incontrato in giro per la penisola mi hanno raccontato dei tanti ospiti e dei tanti appuntamenti che si concentrano nei giorni del festival.
L’idea che un festival possa snodarsi per l’intera città e coinvolgere magari chi non ha la possibilità di godere dell’arte è una sfida importante che va sostenuta; ancora più importante forse era dare nuova forza alla ricostruzione dopo i sismi che hanno colpito il centro dell’Italia.