Intervista: Simona Galizia

Fra i molti protagonisti di questa quarta edizione del Ratatà, che si terrà a partire dal 20 aprile fino al 23 aprile, troviamo anche lei: Simona Galizia. Da abili ficcanaso abbiamo deciso di rivolgerle qualche domanda in modo da farla conoscere anche a voi. Enjoy!

L’autrice di queste opere è Simona Galizia, un’illustratrice e video animatrice freelance. Ha 26 anni. Per ora vive nella sua città, Vasto.  Si definisce una”nomade”. Finora ha vissuto in Turchia, Olanda e Spagna. E’ ossessionata dalle sue passioni e crede nel potere dell’intuizione nel compiere le scelte.

Diamo il via all’intervista chiedendole quando ha iniziato ad immergersi nel mondo dell’illustrazione:

Sono circa tre anni di immersione. Ci sono arrivata tardi e facendo dei giri lunghi dalle retrovie. Ho iniziato studiando disegno industriale, poi mi sono concentrata sulla comunicazione visiva. E infine ho avuto l’epifania con  l’illustrazione. Scoperta certo lenta, ma adesso non ho alcun dubbio!

Quando ti sei resa conto che i tuoi disegni potevano prendere vita diventando delle animazioni?

La passione per l’illustrazione e quella per l’animazione sono nate insieme, contemporaneamente. Avevo bisogno di esprimere quello che mi ronzava in testa e ho sentito che i mezzi che mi appartenevano per comunicare fossero di questa duplice natura. In fondo lo scopo di entrambe è lo stesso: comunicare un messaggio nella maniera più semplice ed efficace possibile.

Il tuo stile ha subito delle trasformazioni dai primi lavori fino ad arrivare a quelli attuali?

Le trasformazioni subite sono notevoli! Nel tempo ho imparato ad esprimermi con meno segni, ad usare il colore in maniera più oculata e ho adottato uno stile un po’ più naif. Infatti, le prime illustrazioni erano più complesse: volevano esprimere una larga banda di messaggi senza poi riuscire a mettere a fuoco quello principale. Inoltre, i colori erano pastello, usati in maniera scontata e senza una reale necessità, ma più per gusto. E il tratto adesso è più istintivo cosicché l’illustrazione appare meno realistica e c’è minore definizione dei dettagli.

A questo punto le chiediamo che rapporto ha con il colore:

Il rapporto con il colore in passato è stato conflittuale. Ne avevo paura, per questo credo che le scelte ricadevano sempre sui pastelli, meno invasivi. Invece poi il rapporto è andato migliorando. Ho capito che è parte attiva del disegno e non un contorno. Adesso, seppur non è ancora amore puro, siamo ad un livello di amicizia piuttosto intima. Mi piacciono i colori usati nel loro vigore. Mi piace quel piccolo dettaglio rosso che cattura l’attenzione. Mi piace il contrasto, ma anche sovrapporre tono su tono per (con)fondere fondo e figura ed essere metaforici anche coloristicamente.

Iniziamo a parlare così di “6 week in the hospital”, una serie dove il colore sprigiona grande forza, energia ed espressività.

Questa serie è sicuramente al di sopra delle righe rispetto al mio lavoro. Si tratta di disegni completamente sganciati dal mio stile usuale. L’ho realizzata quando sono stata costretta a trascorrere appunto sei settimane in ospedale. Un momento davvero buio, anche se poi su carta ho tirato fuori tanto colore. Diversamente dal mio solito approccio al disegno, non ho sentito il bisogno di dover comunicare un pensiero, ma uno stato d’animo. E il risultato sono una serie di disegni astratti, realizzati con la massima istintività. Credo siano i più sinceri, perchè non hanno uno scopo. Poi solo a posteriori sono riuscita a dargli un senso, a scandire i momenti di quelle settimane attraverso sei concetti: esplosione, dolore, quiete, vortice, amore, assemblaggio.

“6 weeks in the hospital” è anche la serie a cui tiene di più. La scelta è sia di natura emotiva sia perchè le ha fatto riscoprire l’importanza del colore e dell’istintività che prima erano dei fuochi fiochi mentre adesso brillano scoppiettanti.

Ci avviciniamo verso la fine dell’intervista, le chiediamo di parlarci delle sue più grandi passioni e di ciò che accompagna la sua vita:

La mia passione al primo posto è il disegno. Ne sono completamente ossessionata. Posso stare a disegnare per ore, giorno e notte, e dimenticarmi di compiere qualsiasi attività vitale. Al secondo posto viene subito il viaggio, ossia vivere altrove per un periodo di tempo. Questo è fondamentale per imparare, crescere culturalmente e per cercare nuove idee e associazioni per i miei disegni (quindi in realtà stiamo ancora parlando della mia ossessione numero uno). Poi adoro leggere, mi appunto tutte le frasi in cui mi rifletto e che penso abbiano un grande potenziale per essere trasformate in una delle mie illustrazioni (quindi, ancora una volta, stiamo parlando della mia ossessione numero uno). Adoro anche l’animazione, la musica, il cinema, girovagare per musei, fare lunghissime camminate, parlare con gli sconosciuti… ma il fine ultimo già lo sapete!

Concludiamo l’intervista con un suo commento sul Ratatà, raccontandoci anche la sua esperienza:

Sono stata solo una volta l’anno scorso come artista, ma il tavolo non era mio, era di El Rughy che lo ha gentilmente condiviso con me e altre quattro persone. L’esperienza è stata sicuramente positiva: c’è la possibilità di conosce nuovi progetti e confrontarsi con molti artisti e con il pubblico. Inoltre, le mostre erano splendide e ben organizzate. Un altro aspetto a favore sono stati i concerti che facevano da cornice alle giornate del festival: artisti sui generis davvero fighi!

Ratatà è un evento culturale eterogeneo, stimolante, che dà visibilità e diffusione agli artisti. Sempre in gamba!

 

SIMONA GALIZIA 

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