Autodafé – Una collettiva a cura di Ratatà

AUTODAFÉ
ANTICHI FORNI, via Piaggia della Torre 4
INAUGURAZIONE VENERDÌ 13/04 – ORE 18.30
Sabato 14 e domenica 15: 10.00 – 20.00
Tutti i giorni 10.00 – 13.00 /16.30 – 20.00
Lunedì chiuso.

 

La mostra Autodafé nasce dall’esigenza di far incontrare artisti che vengono da più luoghi del mondo in una ipotetica processione di asini, di gente che platonicamente “sa di non sapere” e per questo vuole “conoscere se stessa”, e con se stessa conoscere l’altro.

 

Autodafé. Atto di fede, uno dei più impressionanti cerimoniali giuridici messo insieme dall’inquisizione spagnola, in cui ai condannati, condotti in processione con copricapi a forma di testa di somaro e fustigati, veniva chiesto di pentirsi dei loro peccati per non essere arsi vivi.
Una cerimonia del pentimento.
Una riflessione, attraverso la vergogna ed il dolore, sulla propria identità e su quello che è il peccato, presunto o reale, incarnito nella nostra stessa persona.
Togliamo ora ogni riferimento alla religione, togliamo anche al peccato il senso di disobbedienza ad un qualsiasi Dio, togliamo infine ogni punizione, morale o fisica, dolore e senso di colpa.
L’atto di fede che rimane è quello che ognuno di noi dovrebbe rivolgere all’umanità; quello dell’uomo verso il suo simile, il riflettere sul punto in cui si è sbagliato e si sta sbagliando, in cui la nostra identità, amalgama di esperienza, cultura d’appartenenza, genetica storica, entra in collisione e doloroso attrito con le altre identità. Con autocritica, si, ma anche con autoironia.
Oriente contro Occidente, ricco contro povero, nord contro sud, uomo contro donna, bianco contro nero, x contro y.
In uno dei tanti momenti storici focali in cui abbrutimento e superstizione, morali e moralismi, sacri principi individuali, totalitarismi indotti, stanno cambiando e modificando la nostra percezione del mondo e di conseguenza il nostro rapporto con un’alterità sempre più sola, il ruolo dell’artista, dell’uomo di cultura, dell’intellettuale o semplicemente di chi pensa e sente, è forse quello di creare un dialogo, tramite un “atto di fede”, una richiesta formale di scuse, un passo verso l’altro, per la società di cui in un modo o nell’altro fa parte.

 

GLI ARTISTI IN MOSTRA:

 

Marco Wagner (*1982) ha studiato design all’ Università di Würzburg, Germania, dedicandosi principalmente all’illustrazione, lavorando come artista e illustratore dal 2006.
Nelle sue opere, Wagner affronta le paure e il malessere della sua infanzia, concentrandosi sulla vulnerabilità delle persone in un presunto ambiente protetto.
La religione, la natura e la tradizione rappresentano le più grandi minacce per i soggetti delle sue opere, i quali tuttavia mostrano con inusuale orgoglio le loro ferite.

 

 

Nicolas Zouliamis è nato e cresciuto a Bruxelles. Ha studiato inizialmente illustrazione e fumetto all’ l’École de Recherche Graphique (ERG), poi sceneggiatura presso il dipartimento di cinema dell’Università (ULB). Nel 2009 ha scritto, come resoconto di fine studi, un lungometraggio sotto la regia di Luc Dardenne. Sempre nel 2009 pubblica il suo primo fumetto “La volupté d’hectopascal”, per la casa editrice la Cinquième Couche. Lavora in seguito sia come illustratore, che storyboarder e autore di fumetti, pubblicando varie storie, soprattutto per l’antologia lettone KUS Comics. Nicolas vive a Parigi dal 2013, dove continua a lavorare come illustratore, collaborando, fra gli altri, con la rivista XXI, éditions du Soleil, Acte sud, etc etc. Nell’aprile 2016 inaugura la personale Perpetuum Mobile, presso la galleria Le Maga di Bruxelles. Per l’occasione pubblica il libro in serigrafia “ La mort du chien”, edito da Bichel éditions. Attualmente lavora soprattutto su progetti destinati all’infanzia.

 

 

Ufficio Misteri è un collettivo di tre illustratori con base a Bologna in via Andrea Costa 77. Marco Bassi, Daniele Castellano, Bruno Zocca inventano e realizzano immagini per clienti nel settore editoriale e artistico lavorando attraverso il disegno e sperimentandone le possibilità sovrannaturali nel tentativo di intrecciare i loro segni e i loro mondi visivi.
MISTERO N°5: IL BOSCO DEI GATT’ORCHI di Ufficio Misteri. Testi: Marco Taddei / Suoni: Steve Scanu e Carlo Aromando.
La mostra è il risultato del progetto di compravendita di ricordi inaugurato un anno fa: un servizio che offre la possibilità a chiunque di dimenticare episodi del proprio passato, ricavandone qualche spicciolo. Esaminando i ricordi proposti dal pubblico l’Ufficio ha individuato alcune curiose somiglianze tra i vari casi: il passato di tre persone era perseguitato da sinistre presenze feline, evocate da un comune senso di colpa e da un trauma rimosso in età infantile. Per indagare a fondo nella memoria dei soggetti l’Ufficio si è rivolto allo scrittore fantasma Marco Taddei, il cui aiuto si è rivelato decisivo nella risoluzione del caso.

 

 

Mohammad Barrangi: “Sono Mohammad Barrangi Fashtam, illustratore e tipografo. Sono nato a Rasht, una città nel nord dell’Iran. Mi occupo di illustrazione da 9 anni e ho partecipato a numerosi festival. Cerco di dedicarmi professionalmente alla mia passione. Sono ispirato dall’Oriente, il luogo in cui sono nato, e da ciò che vedo e con cui entro in contatto fin dalla mia infanzia.
I miei lavori attingono all’arte orientale filtrandola attraverso la visione contemporanea, affiancando la sincronizzazione caratteristica della pittura iraniana e la semplificazione di forme e colori ai leitmotiv di questa cultura. Attraverso la riduzione dei colori al minimo creo l’illusione dell’eliminazione. I colori che utilizzo nelle mie opere sono ispirati ad antiche piastrelle e tappeti persiani. Senza alterarne la natura, mostro la relazione fra questi elementi modificandone i componenti. Tento di illustrare i simboli caratteristici della tradizione iraniana e delle civiltà orientali, simboli che possiamo ritrovare anche in altre culture e tribù. Attingo queste immagini dai miei ricordi, ad esempio ricordando una passeggiata lungo la vecchia via della mia città natale, ma anche da simboli e segni che si ritrovano sulle porte delle abitazioni, intrecciando religione e arte. Esprimo il mio pensiero sullo spirito della vita contemporanea attraverso le caratteristiche delle persone, avvicinando l’uomo all’animale. Lo spirito animale che guida l’uomo segna il suo potenziale impatto sulla realtà, e mostra come si porrà verso la vita. Mi piace accompagnare lo spettatore in un viaggio verso Oriente, in Iran. Molte persone non hanno la possibilità di visitare altri peasi, così creo delle immagini che sgorgano dalla mia anima e dai miei ricordi per mostrare un po’ della mia terra. Per me è come scrivere poesie. La creatività scaturita in me dall’oriente è molto vivace, e credo che come me ogni altro artista debba creare il proprio stile partendo dalle proprie esperienze personali. Mostrando il mio stato d’animo con le mie opere, offro ai visitatori una nuova prospettiva sull’Oriente”.

 

 

Luca Poncetta, nato in Italia nel 1980. Vivo e lavoro a Bologna nell’ambito dell’arte visiva, della performance e del teatro. I lavori a cui ho partecipato, occupandomi sia dell’aspetto visivo sia come consulente drammaturgico, sono stati presentati in vari festival nazionali ed internazionali: Queer Festival (New York, USA), Fringe Festival (Edinburgh, UK), The World as a place of truth (Wroclaw, PL), Together Apart (Hamburg, DE), Romaeuropa Festival (Roma, I), Festival Internazionale di Santarcangelo (Santarcangelo, I).

 

 

Insu Lee è un artista visivo che vive e lavora a Seoul e New York. Ha ottenuto una laurea di primo livello in Visual Design all’Università di Seoul e una laurea di secondo livello in Illustrazione presso la School of Visual Arts di New York. Ha realizzato numerosi progetti come illustratore per una grande varietà di clienti e il suo lavoro è stato premiato da American Illustration, Creative Quarterly, AOI World Illustration e 3×3 International Illustration. Le sue opere sono state spesso esibite in diverse gallerie negli Stati Uniti, in Asia ed Europa. Le mie opere rappresentano la combinazione di forze opposte, che si fondono per raggiungere un’ armoniosa esistenza tra la natura umana e le ideologie contrastanti.

 

 

Serena Zanardi nasce a Genova nel 1978, dove vive e lavora. Dopo essersi diplomata all’Accademia di Belle Arti di Carrara, frequenta il corso di specializzazione in tecnologie e linguaggi del progetto fotografico contemporaneo presso il CPFR Bauer di Milano. Nel 2013 vince il premio San Fedele, Milano. Ha partecipato a mostre e residenze artistiche in Italia e all’estero tra cui:
Icaf, Sasama (Giappone), Bocs Cosenza, CAIR Ceramic Artist Residence (Neümunster), FRAC Corse (Ajaccio), Albisola artisti cercasi.Avrò avuto cinque, sei anni e, un giorno, mio nonno mi portò a vedere una talpa, morta sotto un colpo di zappa. Appoggiò l’animaletto su un tavolo per “insegnarmi” che era un essere dannoso per l’orto e, di conseguenza, andava eliminato. La mia reazione fu di prendere degli scampoli di stoffa, assemblando una sorta di lettino ove riposi l’animale. Pensavo che così la talpa sarebbe potuta “guarire” dalla morte. Non sapevo esistesse la morte e nemmeno che l’animale fosse per natura cieco. Tante talpe sono simbolo del mio atto di fede, stimolo di riflessione sui pregiudizio, sul cosa si è sbagliato e cosa si sta sbagliando.