INTERVISTA: Omless

Omless nasce come progetto indipendente per la realizzazione di vestiti su cui sono riprodotti disegni personalizzati e opere d’arte molto particolari. Risulta essere un progetto alquanto insolito, ma esordisco ponendovi questa domanda: come vedreste in generale questo connubio tra arte e vita quotidiana?

Non ho capito la domanda 🙂 ma provo a rispondere. OMLESS vuole produrre opere d’arte da indossare e mostrare nel museo della vita quotidiana. Collaborare con artisti, disegnatori, tatuatori e con chi usa ogni giorno materia grigia cerebrale per comunicare attraverso disegni, illustrazioni e parole. Creare un museo a cielo aperto dove una serigrafia su t-shirt può assume lo stesso potenziale comunicativo di un graffito su un vagone della metro. L’esempio del graffito non è casuale , perché è proprio alla strada che ci ispiriamo, vogliamo rafforzare il legame tra arte urbana e serigrafia artigianale. Creare un contenitore di roba buona priva di curatori e/o stilisti che seguono i cliché. Proporre le opere d’arte di mani creative liberandole dalle gabbie del mercato. Ci piace l’idea di provare a sfidare il destino, andando contro le mode e i costumi. Ribaltare e non seguire le regole di mercato alla ricerca di un cambiamento che parte dalla vita quotidiana, indossando prodotti realizzati a KM0 e a tiratura super limitata, a costi bassissimi esenti da rincari di major. Infine è nostra vera ambizione poter creare un legame diretto tra artista e pubblico, mettendo a confronto i due in un rapporto di arte necessaria. Stampiamo solo se necessario e se il pubblico lo chiede.

Da dove nasce l’idea di Omless? Raccontateci brevemente la vostra storia

c’era una volta la voglia di disegnare e colorare su/e qualsiasi cosa. Quella voglia è cresciuta incarnandosi nelle spoglie di un contadino/street artist/illustratore/pasticcione visionario di nome Pino, e nelle sembianze di un idraulico/batterista/serigrafo/MacGyver strampalato di nome Alessandro. Un bel giorno, spoglie e sembianze si sono conosciute, scoprendo di non avere molte cose in comune con il resto del mondo. Abbiamo unito le forze dando vita ad un progetto che sognavamo da tempo, usando un nome che ci rappresenti. Un nome che giochi tra pronuncia e lettura. In un mix tra senza casa editrice(homeless) e senza religione(tradotto da noi sarebbe “senza numeri alla porta”) perché allergici alle mode, “OMLESS” appunto.

Perché avete deciso di partecipare al Ratatà festival?

Perché l’anno scorso alcuni nostri amici partecipanti ci hanno detto che è “molto bello”! Scherzi a parte, pensiamo che eventi come il Ratatà siano i nuovi contenitori culturali liberi da pilotaggi, unici nella qualità di energia creativa che propongono.

Potete mandarci un saluto per Macerata e il Ratatà?

Un caloroso saluto dalla terra delle cozze contaminate dai fanghi dell’ilva che tutto il mondo ci invidia. Dalla regione di recente considerata la più bella del mondo da chi non ci vive. Verità a parte volgiamo un inchino al Ratatà, ringraziandolo di esistere!!

 

Michele Catinari