Intervista: Pablo Cammello

Fra i molti protagonisti di questa edizione del Ratatà, che si terrà a partire dal 20 aprile fino al 23 aprile, troviamo anche lui: Pablo “Cammello”. Da abili ficcanaso abbiamo deciso di rivolgergli qualche domanda in modo da farlo conoscere anche a voi. Enjoy!

Al Festival del Ratatà di quest’anno parteciperà Pablo Cammello che dedica la sua vita al “fumetto”.

Per farvi scoprire in “anteprima” qualcosa di questo talento gli abbiamo fatto qualche domanda:

  1. Chi sei e in cosa consiste il tuo lavoro?
    Pablo, in arte Cammello, sono illustratore e fumettista.
    Fondatore del collettivo InFame Studio, nel 2015 creo la serie Tumorama, uno spaccato di avventure psichedeliche, surreali che hanno a che fare con la sociopatia ed il consumo di stupefacenti. Cominciata come autoproduzione, la serie da quest’anno è stata raccolta in un volume da Shockdom. Parallelamente come illustratore ho collaborato con varie riviste e sono da quattro anni copertinista di diverse etichette discografiche, grazie alla vittoria del contest “Need Break” su Verticalismi.it.
  2. Cosa ti ha portato nel mondo dell’arte?
    Ho iniziato piccolissimo a disegnare e ho sempre voluto fare quello, esclusa una breve parentesi verso i cinque anni in cui andavo matto per il camion dello spazzino e la mia massima ambizione era guidarlo.
  3. Cosa ne pensi del Festival del Ratatà?
    Ci sono stato l’anno scorso ed è stato uno dei più bei festival dedicati a quest’ambito.
    Oltre il lato culturale e l’ambientazione fantastica della cittadina di Macerata, il lato che mi ha coinvolto di più è stato quello umano. Ho avuto modo di legare molto con persone bellissime.
  4. Come mai hai scelto di partecipare a questo evento?
    È appena uscito il mio libro e ho bisogno di fare un tour di presentazione. Appena un mio amico mi ha proposto di ospitarmi per il Ratatà, ho accettato al volo.
  5. Quale messaggio vuoi comunicare attraverso le tue “opere”?
    Ho sempre amato l’arte che disorienta, che traccia immagini fortissime lasciandoti spaesato e senza mezzi di comprensione, tanto da costringerti a fabbricare tu stesso questi strumenti.
    Dall’altro punto di vista amo la narrazione, le storie che trasformano i personaggi. Per cui direi che la mia arte cerca sempre di essere il risultato di una narrazione limpida prestata ad un linguaggio alieno. Non so se nell’effettivo ci riesco, ma spero almeno che da questo miscuglio di idee ognuno abbia modo di trarre il proprio messaggio.